
Articolo a cura della Dott.ssa Susanna Bramante, Agronomo PhD in Produzioni Animali, Consulente della Nutrizione e Divulgatrice Scientifica
Contrariamente a chi vorrebbe far passare l’allevamento come il nemico numero uno e la causa principale di tutti i mali, fra cui inquinamento, spreco di risorse e cambiamenti climatici, la zootecnia in realtà è fondamentale proprio per l’ambiente, per mantenere la fertilità dei suoli, per la tutela del territorio, del paesaggio e della biodiversità.
Dove c’è l’uomo con i suoi animali infatti, c’è anche la cura del territorio: basti pensare alle condizioni negative delle aree svantaggiate e abbandonate, come quelle montane o interne delle isole italiane, in cui non ci sono più allevamento o pastorizia, attività che garantivano il mantenimento del territorio e la salvaguardia delle razze bovine tradizionali con i loro prodotti tipici.
Senza più la presenza dell’uomo “custode” in aree costituzionalmente fragili, il paesaggio diventa incolto e invaso dalla boscaglia, con perdita di biodiversità del suolo e compromissione dell’intero ecosistema, determinando anche fenomeni di dissesto idrogeologico, a causa della mancanza di manutenzione.

La presenza sul territorio dell’uomo agricoltore e allevatore con i suoi animali è quindi la più grande garanzia per la salvaguardia e la tutela del paesaggio rurale, riducendo il continuo spopolamento delle aree agricole, riportando lavoro ed occupazione: questo contribuisce ad evitare il dissesto idrogeologico, permettendo la permanenza di comunità in luoghi che altrimenti verrebbero abbandonati e quindi la manutenzione dei suoli, grazie alle coltivazioni che stabilizzano e consolidano i terreni, soprattutto quelli in pendii e discese, allontanando il pericolo di frane e cedimenti, minimizzando il rischio incendi e permettendo la ricostruzione di paesaggi rurali.
Le buone pratiche di allevamento sostenibile aiutano così a mantenere l’ambiente, assicurando la varietà di razze animali e specie botaniche, tutelando la biodiversità e la naturale fertilità dei terreni grazie alle benefiche proprietà fertilizzanti del letame naturale e dell’humus, una preziosa risorsa in grado di nutrire il suolo e trattenere l’acqua, oltre che arricchire il terreno di nutrienti e di altri fattori ammendanti, riducendo l’impiego di fertilizzanti chimici.

Anche per quanto riguarda la gestione delle deiezioni l’Italia è all’avanguardia, essendo il terzo produttore globale di biogas, ossia di energia ottenuta da fonti rinnovabili provenienti dai reflui zootecnici e dagli scarti agricoli. Il sistema italiano di allevamento in stalla è per questo uno dei più virtuosi, raggiungendo un significativo livello di efficienza produttiva lungo tutta la filiera, attraverso la sinergia tra agricoltura e zootecnia, in modo da rigenerare risorse azzerando gli scarti e costituendo a tal proposito uno straordinario esempio di economia circolare a ciclo chiuso e senza sprechi, a cominciare dalla coltivazione dei foraggi destinati agli animali fino all’utilizzo delle deiezioni come fertilizzante organico ed energia rinnovabile.
Proprio grazie ad un processo di “intensivizzazione sostenibile” la zootecnia oggi è in grado di produrre di più inquinando meno e con meno spreco di risorse, permettendo una riduzione degli impatti ambientali per unità di prodotto, un notevole aumento della produttività per capo allevato, grazie al miglioramento genetico delle razze e al perfezionamento dei sistemi di alimentazione, riducendo gli indici di conversione e consentendo agli animali di crescere di più convertendo con più efficienza il mangime in carne.

Per questi motivi gli allevamenti non sono il male che tutti descrivono, anzi un bene per l’ambiente, vitali per l’agricoltura, per il paesaggio, preservando territori, tradizioni, culture e la biodiversità. Il settore zootecnico non è per questo un problema per la crisi climatica ed ambientale in corso, anzi è parte della soluzione.
Dott.ssa Susanna Bramante
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