Articolo a cura della Dott.ssa Susanna Bramante, Agronomo PhD in Produzioni Animali, Consulente della Nutrizione e Divulgatrice Scientifica
La produzione di carne viene accusata di avere una grande impatto ambientale. Il problema oggi è particolarmente sentito a causa dell’emergenza climatica, per cui tutto il mondo è chiamato a trovare soluzioni al più presto. Ma davvero gli allevamenti sono i principali responsabili del cambiamento climatico? A quanto pare calcoli più precisi mostrano il reale impatto ambientale della produzione di carne, che non sembra essere così elevato come è stato finora descritto. Vediamo qual è nello specifico il vero impatto ambientale della carne.
A cominciare dalla quantità di acqua che serve per produrre un chilo di carne i calcoli finora diffusi hanno sovrastimato enormemente questo dato. I famosi 15.000 litri d’acqua che tutti conoscono da anni non sono realistici, in quanto non sono stati considerati una serie di fattori importanti. Il sistema di calcolo attuale è più preciso e considera l’acqua effettivamente consumata, suddividendo l’acqua coinvolta in tre parti: “acqua blu”, ossia l’acqua reale effettiva prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali ed utilizzata realmente per l’allevamento o per irrigare i campi; “acqua grigia”, che comprende l’acqua utilizzata nelle attività di depurazione e diluizione degli scarichi; “acqua verde”, ossia l’acqua “virtuale” piovana evapotraspirata dal terreno durante la crescita delle colture che, contrariamente all’acqua blu e grigia, non costituisce parte integrante del prodotto e viene restituita alla natura.
Questi tre tipi di acqua non hanno lo stesso impatto, in quanto la maggior parte è costituita da acqua verde, che ritorna al naturale ciclo dell’acqua e non deve essere considerata nel calcolo dell’impatto ambientale. Dunque il vero consumo di acqua in Italia per produrre 1 kg di carne bovina è solamente di 790 litri, in quanto l’80-90% di queste risorse idriche ritorna nel ciclo naturale dell’acqua e non viene davvero consumata per la produzione di carne. Stando a questi calcoli emerge che ci sono altre produzioni molto impattanti, tra cui vegetali come avocado, mandorle, cacao o tessuti come i jeans, assolvendo la carne come principale dissipatrice di acqua.
Anche riguardo alle emissioni di metano e CO2 degli allevamenti, principali gas serrigeni, c’è molto da dire. Infatti la carne risulta tra gli alimenti più impattanti in quanto l’analisi viene effettuata per kg di prodotto e senza prendere in considerazione i giusti consumi all’interno di una dieta settimanale. Tenendo invece conto del diverso apporto nutrizionale del cibo, se è vero che un chilo di carne bovina per essere prodotto impatta più di un chilo di insalata, la carne vanta però un valore nutritivo superiore, per cui se ne consuma molta meno nell’arco della settimana.
Per un’analisi dell’impatto ambientale corretta occorre dunque inserire la frequenza di consumo e le porzioni raccomandate dai nutrizionisti. Per questo motivo, se si rapporta l’impatto ambientale della carne bovina alla frequenza di consumo consigliata, si può notare che il suo impatto settimanale medio è allineato con quello di altri cibi, che hanno sì un impatto unitario inferiore, ma se ne consumano in quantità molto maggiori. È questo il principio della Clessidra Ambientale ottenuta moltiplicando la quantità di cibo suggerita settimanalmente in un adulto per l’impatto ambientale dei singoli alimenti, evidenziando come mangiare carne bovina nella giusta quantità non comporta un aumento significativo dell’impatto ambientale del singolo individuo.
Ipotizzare un consumo maggiore di cereali o legumi in sostituzione della carne causerebbe un impatto sull’ambiente ancora più grave, a causa della spropositata quantità di terre che servirebbero per la loro coltivazione, con un enorme spreco di risorse, oltre che impensabile se non impossibile riuscire a sfamare tutta la popolazione in modo sano e adeguato alle specifiche esigenze nutrizionali solamente con questi alimenti di scarso valore nutritivo.
Come anche i “sostituti” della carne a base vegetale, come la carne finta a base di soia o addirittura la carne sintetica prodotta in laboratorio, hanno anche loro un impatto da non sottovalutare, se non maggiore, come dimostra una ricerca dell’università di Oxford, che ha calcolato l’impatto sull’ambiente della produzione di carne in provetta, confermando che potrebbe avere conseguenze peggiori di quelle degli allevamenti in termini di emissioni di CO2, molto più persistente e inquinante rispetto al metano dei bovini.
Rinunciare alla fettina dunque non porta a niente, se non a peggiorare la situazione, specialmente se siamo di fronte ad una carne come quella della filiera AmicOmega, prodotta nel massimo rispetto dell’ambiente, dove le emissioni di metano sono controllate e ridotte grazie ad un’alimentazione mirata degli animali, che modula le fermentazioni ruminali diminuendo le emissioni enteriche, con conseguente minor impatto ambientale.
Se devi scegliere, anche per l’ambiente, scegli AmicOmega.
Dott.ssa Susanna Bramante
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