
Articolo a cura della Dott.ssa Susanna Bramante, Agronomo PhD in Produzioni Animali, Consulente della Nutrizione e Divulgatrice Scientifica
Quando le carni rosse fresche sono state inserite nel gruppo delle sostanze probabilmente cancerogene, i media hanno dato il peggio di sé, con titoloni ad effetto per suscitare scalpore in nome dell’audience, urlando che la carne è cancerogena e fa male, addirittura quanto il fumo di sigaretta e l’amianto. Fortunatamente è stata poi fatta chiarezza e sempre più studi stanno definitivamente mostrando quanto sia stato ingiustificato questo attacco, evidenziando i limiti metodologici dell’associazione tra carni rosse e tumore del colon-retto.
Finora il legame tra carne rossa e cancro del colon-retto si basa solamente su studi osservazionali, che sono i meno precisi per quanto riguarda la qualità delle evidenze scientifiche: infatti revisioni sistematiche successive, che hanno una qualità di evidenza scientifica di livello superiore, non hanno confermato questa associazione, descrivendone anzi tutti i limiti metodologici.

Infatti gli studi considerati attendibili sono pochissimi e prendono in considerazione un consumo di carne eccessivo, lontano anni luce dai reali consumi giornalieri. Basti pensare che in Italia si consumano solamente 24.8 grammi di carne bovina al giorno, quantità irrisoria, considerando che secondo l’OMS la soglia considerata priva di rischio è molto superiore, cioè 100 grammi al giorno.
Tra i nuovi studi che scagionano completamente la carne rossa emerge la notevole differenza tra le quantità di ferro eme presenti in una dieta reale e quelle prese in considerazione negli studi per dimostrare la cancerogenicità della carne: la stessa IARC nel definire la carne rossa “probabilmente cancerogena” solamente sulla base di 14 studi di coorte, aveva già ammesso i limiti di questa associazione, che ora emergono in una rivisitazione pubblicata sulla rivista scientifica “Food and Chemical Toxicology”. In pratica viene fatto notare che gli autori dei lavori “contro la carne” hanno utilizzato protocolli tossicologici come se il ferro eme fosse un principio attivo puro, e non una componente di tanti nutrienti presenti contemporaneamente nel cibo, come avviene nella realtà delle cose.

Con questo problema metodologico mai messo in evidenza prima, i quantitativi di ferro eme sono stratosferici e si discostano enormemente dalla realtà, oltre a non considerare altre sostanze presenti negli alimenti nella loro completezza, come la fibra, il calcio e la vitamina E, e quindi una situazione reale di una dieta varia e complessa, e fattori protettivi biologicamente attivi, che assunti insieme al ferro eme, ne neutralizzano comunque la presunta tossicità.
Ecco perché prima di puntare il dito contro questo alimento, bisognerebbe condurre studi più accurati: innanzitutto che utilizzino quantità pertinenti di carne e non eccessive, e considerare le sue sostanze nella loro completezza, in diete davvero rappresentative di ciò che avviene nella realtà, considerando anche i metodi di cottura e la qualità dei prodotti.

Infatti anche riguardo ai metodi di cottura è stato evidenziato che mangiare la carne cotta al sangue riduce il rischio di tumore al colon-retto: dunque non è la carne rossa in sé ma come viene preparata, in quanto cotture eccessivamente prolungate e ad elevate temperature fino a bruciare la carne causano la formazione di composti tossici potenzialmente pericolosi. Questo però non è un problema che riguarda solo la carne, ma tutti gli alimenti, come il pane abbrustolito, il cornicione della pizza e le verdure quando vengono grigliate, che se bruciati diventano tutti pericolosi esattamente allo stesso modo.
Per questi motivi non ci sono i presupposti per introdurre la carne rossa negli alimenti potenzialmente cancerogeni e non esistono prove sufficienti nella letteratura esistente per confermare un legame meccanicistico tra il rischio di cancro del colon-retto e l’assunzione di carne rossa come parte di un modello dietetico sano.

La carne si conferma un alimento valido che può contribuire a una dieta completa, equilibrata e sana in tutte le fasi della vita, e a maggior ragione se stiamo parlando di una carne di alta qualità, come quella prodotta dalla filiera AmicOmega, che si distingue dalle altre non solo per il suo contenuto in Omega 3, dai dimostrati effetti benefici per la salute, ma anche per il gusto e per l’attenzione e la cura con cui viene prodotta.
Dott.ssa Susanna Bramante
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